Pag.23 – Ricordi ed emozioni uniche: il ritorno del Poz a Livorno è uno show
Il commissario tecnico dell’Italbasket aveva giocato a Livorno nel ’93-’94 in maglia Baker
Nella conferenza a Palazzo Comunale non è stato solo il commissario tecnico che ha annunciato i 12 convocati, ma un vero e proprio intrattenitore.
Dalle battute con il sindaco Salvetti ai trabocchetti per gli assistenti a cui ha chiesto il dodicesimo convocato per vedere se fossero stati attenti. Il sorriso beffardo e l’abilità di far sentire tutti a casa. Un’attitudine unica a stare al gioco e un’ironia schietta da furfante tanto simile a quelli dei livornesi.
Già, Livorno Perché sulla sfondo, ma neanche troppo, di tutta la conferenza stampa c’è stata quella città che Pozzecco lo ha conosciuto ragazzino, in maglia Baker.
«Sono passati trent’anni e dopo tutto
questo tempo ringrazio Livorno per avermi
aiutato a conseguire il mio sogno. Certe
cose ti accadono da giovane e le realizzi
solo più avanti, quando gli anni passano e
ti guardi indietro. Se non ci fosse stata Livorno
non so se avrei avuto la stessa carriera,
è stato il momento più importante del
mio percorso», dice.
La mente torna indietro nel tempo, ad una stagione che lo vide grande protagonista in maglia bianco-amaranto.
«Incontrai un ambiente favoloso e ricordo perfettamente il calore del pubblico che fu un aspetto chiave nel campionato favoloso che feci. Il merito di questo risultato fu di tre persone: la prima è Dado Lombardi».
Per un istante cala il silenzio sulla Sala delle Cerimonie. Gli occhi del “Poz” diventano lucidi e l’applauso nel ricordo del coach livornese scatta spontaneo.
«Poi ci sono Stefano
Attruia e Micheal Ray Richardson. La
prima cosa che mi porto dentro di quell’esperienza
è che un ragazzino giovane può
sbagliare. Io commettevo errori, ma nel
momento in cui affronti lo sport con passione
e desiderio di crescere i risultati non
possono non venire. È quello che mi hanno
insegnato due super giocatori come loro».
Dai ricordi sul parquet a quelli extra campo.
«Sono passato davanti a quella che
era casa mia e mi sono emozionato. Impossibile
scordare la torta di ceci. Pan francese
o focaccia? Con pepe o senza? Me la mangiavo
tutte le sere, boia de (ride, ndr). Ricordo
che dopo due giorni qui chiamavo i
miei e dicevo “boia de, vedrai”. La cosa bella
è che dopo qualche giorno anche i miei
genitori mi rispondevano così. È bello tornare
qui da cittì capendo che l’entusiasmo
che c’era una volta si sta ricreando in una
piazza storica, alimentandolo grazie anche
alla Nazionale. Sono felice per tutto
questo»
Ho detto ai miei giocatori che giocare a Livorno sarà particolare perché la gente è focosa per natura. Ho chiesto loro di mettere in piedi un bello spettacolo. Siamo una squadra che emoziona che giocherà davanti a un pubblico che sa emozionarsi per la pallacanestro. Il connubio perfetto».
E così è stato. Già dal pre partita quando il boato più forte durante la presentazione degli Azzurri se lo è presi proprio lui. E nel post partita le sue emozioni l’hanno fatta da padrone. Dal pugno battuto sul cuore in mezzo al parquet fino alla sala stampa.
«È stata una serata stratosferica. Nei giorni
scorsi ho detto che sono vecchio ma la verità
è che certe emozioni ti tengono giovane.
Il nostro spirito di squadra, così marcato,
ha colpito il pubblico e ci siamo emozionati
insieme».
I ricordi della sua esperienza a Livorno si sono conclusi nella dedica finale.
«Questa
partita la dedico ad Angelo e Gabriele
Mancini, mio zio e mio cugino che mi hanno
adottato nel mio anno alla Baker».